Quanto si paga di tasse alla vendita di una casa? Conoscere bene nel dettaglio i propri obblighi fiscali è fondamentale se si è deciso di vendere la propria casa.
Trattandosi infatti, generalmente, di una compravendita che genera un guadagno per il venditore, è lecito chiedersi se questo guadagno sia tassato dallo Stato italiano.
La risposta a questa domanda, però, dipende da alcune variabili.
Se è vero infatti che normalmente non è necessario pagare imposte sulla vendita del proprio immobile, è altrettanto vero che esistono delle situazioni specifiche in cui chi vende una casa è tenuto a versare determinate imposte.
Vediamo di seguito quali sono questi casi.
Tasse per chi vende la prima casa a più di 5 anni dall’acquisto
Uno dei criteri fondamentali per comprendere se si debbano pagare tasse per la vendita della casa, è il tempo trascorso dal giorno dell’acquisto.
In questo caso il tempo limite, usato come criterio di discernimento, è di cinque anni.
In poche parole, la tassazione scatterà nel momento in cui sarà generata una plusvalenza entro i cinque anni dall’acquisto dell’immobile.
Pertanto se avete acquistato una casa da meno di cinque anni e avete deciso di rivenderla, la somma di denaro guadagnata sarà sottoposta a tassazione.
Il guadagno, ovviamente, si calcola sottraendo al prezzo di vendita il prezzo a cui l’avevate acquistata.
Ciò è fatto per rendere la vita complicata a chi intende speculare per professione, acquistando e rivendendo subito dopo a un prezzo maggiorato.
Facciamo un esempio: avete acquistato una casa del valore di 200.000 euro, ma dopo due anni decidete di rivenderla a 250.000 euro. Ebbene, quei 50.000 euro di guadagno saranno tassati.
Ci sono però delle eccezioni.
Ciò vuol dire che in una delle seguente condizioni il venditore sarà esentato dal pagamento di ogni tipo di tassazione, anche nel caso in cui la compravendita avvenga a meno di cinque anni dalla sua acquisizione.
Non si dovranno pagare tasse nei casi in cui:
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come proprietario hai usufruito dell’immobile come abitazione principale per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la vendita; ciò dovrà essere attestato dalla certificazione di residenza anagrafica;
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sei venuto in possesso dell’immobile tramite successione ereditaria;
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sei venuto in possesso dell’immobile in seguito a una donazione; in questo caso, però, è necessario che siano trascorsi più di cinque anni dalla costruzione della casa, o dall’acquisto della parte che ha effettuato la donazione.
Tasse per chi vende la prima casa a meno di 5 anni dall’acquisto
Parliamo ora invece del caso in cui l’immobile che avete deciso di vendere sia stato acquistato da più di cinque anni.
In questo caso non sarà necessario pagare nessuna imposta.
Ciò vuol dire che anche se la vendita genera un guadagno, questo guadagno non sarà sottoposto ad alcuna tassazione.
Pertanto, se decidi di mettere in vendita la prima casa, una volta trascorsi i cinque anni dal momento del rogito, non hai nessun obbligo di pagamento, né dell’Irpef sulla plusvalenza, né di nessuna altra imposta.
Questo è valido anche nel caso in cui si sia usufruito di agevolazioni fiscali come ad esempio il bonus prima casa.
La scadenza dei cinque anni infatti ti permette di rivendere l’immobile senza correre il rischio di incorrere in sanzioni e senza perdere il diritto alle agevolazioni.
Tassazione ordinaria e tassazione separata
Fino a qui abbiamo dunque compreso come soltanto chi abbia venduto una casa acquistata entro i cinque anni può essere soggetto a tassazione.
La tassazione si applica sulla plusvalenza realizzata dal venditore e può essere applicata in due modi alternativi:
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tassazione ordinaria
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tassazione separata (o “sostitutiva”)
Nella tassazione ordinaria la plusvalenza, ovvero il guadagno realizzato dal venditore, sarà inserita direttamente all’interno della dichiarazione dei redditi, sotto la voce “altri redditi”.
Facendo in questo modo, andrà a confluire nel reddito complessivo e sarà cumulata con gli altri redditi imponibili: saranno poi applicati gli scaglioni IRPEF previsti.
Gli scaglioni Irpef e le aliquote previste per il 2022 sono i seguenti:
Nella tassazione separata, invece, sarà applicata un’imposta sostituiva, tramite un apposita dichiarazione del notaio, che lo segnalerà all’Agenzia delle Entrate e si occuperà di effettuare il versamento (che rimane, ovviamente, in carico al venditore).
Riportando esattamente la spiegazione presente sul sito dell’Agenzia delle Entrate: “Chi vende un bene immobile può richiedere al notaio, all’atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 26% (fino al 31 dicembre 2019, l’aliquota è stata del 20%)”.
In definitiva, il vantaggio di applicare l’una o l’altra tassazione dipenderà dal reddito complessivo del venditore, per comprendere se sia più conveniente applicare gli scaglioni IRPEF o perseguire la tassazione sostitutiva.
È importante ricordare che, avendo già saldato il dovuto con il notaio al momento del rogito, nel caso della tassazione separata si sarà esonerati da eventuali controlli fiscali o accertamenti.
Tasse per chi vende la seconda casa
Anche nel caso in cui la casa che hai deciso di mettere in vendita non sia adibita ad abitazione principale, si prospettano gli stessi possibili scenari:
1. se la casa è stata acquistata da più di 5 anni non è dovuto alcun tipo di tassazione;
2. se la casa è sta acquistata da meno di cinque anni, la plusvalenza generata dalla sua vendita sarà soggetta a tassazione, secondo le modalità viste sopra (tassazione ordinaria o tassazione separata).
Tasse per chi vende una casa ereditata
Passiamo ora al caso particolare, ma frequente, in cui si è deciso di vendere una casa ricevuta in eredità.
Se l’immobile ricevuto in eredità è stato adibito ad abitazione principale, c’è il divieto di vendere l’immobile prima dei cinque anni dalla successione.
Nel caso in cui la vendita dovesse avvenire prima dei cinque anni dal giorno del rogito, il venditore avrà l’obbligo di acquistare entro un anno un’altra abitazione che sarà adibita a prima casa.
Se, invece, non è presente il vincolo della prima casa sull’immobile ricevuto in eredità, non sarà applicata nessuna tassazione, anche nel caso in cui esso sarò messo in vendita prima della scadenza dei cinque anni.
Spese del notaio: su chi ricadono?
Affrontiamo infine le imposte relative alla registrazione dell’atto di compravendita, ovvero le cosiddette “spese notarili”.
Su chi ricadono?
Secondo l’art. 1475 c.c., le spese notarili sono di norma a carico del compratore, a meno di accordi diversi tra le parti.
In questo caso sarà possibile derogare dalla norma, aggiungendo delle clausole specifiche nel contratto di vendita.
Ma in cosa consistono e a quanto ammontano le spese notarili?
In sostanza parliamo dei costi per la stipula del contratto come atto pubblico e il suo successivo inserimento nei registri immobiliari.
Le spese notarili relative all’acquisto di un immobile sono quattro:
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l'imposta catastale di 50€;
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l'imposta di registro pari al 9% del valore catastale dell’abitazione;
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l'imposta ipotecaria di 50€
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l'imposta sul valore aggiunto, che va dal 4% per la prima casa al 22% per l’acquisto di un immobile di lusso.
Ricordiamo infine che, se è vero che l’acquirente ha l’onere del pagamento delle spese notarili, è altrettanto vero che è sempre l’acquirente ad avere la facoltà di scelta sul nome del notaio presso il quale effettuare la stipula del contratto di compravendita dell’immobile.